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il fermaglio

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    A Darker Shade of Magic di V. E. Schwab è un romanzo ascrivibile al genere Fantasy /Young Adult. In Italia è stato pubblicato da Newton & Compton con il titolo “Magic”, ma a breve dovrebbe tornare in libreria insieme ad altre opere dell’autrice con Mondadori.
    V. E. Schwab Ã¨ conosciuta e apprezzata nell'ambiente Young Adult e con gli ultimi romanzi ha iniziato a percorrere una strada più adulta, soprattutto con il suo romanzo più conosciuto Vicious.
    Questo è il primo libro che leggo dell’autrice, nonostante io sia una appassionata di libri fantasy e avendo letto una non poca quantità di libri Young adult (ma con esperienze altalenanti!).
    Quando scelgo un libro di questo genere lo faccio principalmente per divagarmi con del sano intrattenimento, ma anche con la voglia di affezionarmi ai personaggi e alle loro relazioni. Inoltre, mi aspetto da questo filone un’attenzione all’inclusività in tutte le sue forme.

    La trama di "A Darker Shade of Magic"

    A Darker shade of magic è ambientato in un universo in cui esistono vari mondi: l’unico punto fermo è la presenza della città di Londra. Con nomi diversi e regnanti diversi, la città di Londra si declina nei vari mondi a seconda del grado di magia presente in essi:
    Londra Grigia, è in un mondo privo di magia.
    Londra Rossa, un regno florido con una magia armoniosa.
    Londra Bianca, un regno con lotte intestine per la sete di potere magico.
    E infine esisteva una quarta Londra (Londra Nera), ma ormai dissolta a causa della magia e frutto di miti e leggende.
    Gli unici che possono attraversare i mondi sono gli Antari, esseri umani con la magia nel sangue, in grado di creare porte tra le varie Londre.

    Kell e Lila: i protagonisti di A Darker Shade of Magic

    Kell, il coprotagonista del romanzo è uno dei due Antari al momento in vita e svolge il suo compito diplomatico per il regno della Londra Rossa.
    In uno dei suoi viaggi nella Londra Bianca gli viene affidato con l’inganno una pietra che segnerà il ritorno della magia pura, quella di Londra Nera, minacciando l’inconsapevole Londra Grigia e la florida Londra Rossa.
    Accanto a Kell, ci sarà Lila una ladra della Londra Grigia che si ritroverà invischiata tra i problemi del ragazzo.
    I due protagonisti sono i personaggi a cui l’autrice dedica più pagine relegando gli altri sullo sfondo. Dei due personaggi possiamo apprendere le motivazioni e pensieri grazie al punto di vista che nel romanzo si alterna tra i due.
    Lila, è un personaggio estremamente irritante e poco originale. È il solito cliché caro a romanzi Y/A (ma anche a serie tv e film) della ragazza “diversa” e lontana dagli stereotipi femminili. Non che ci sia niente di male, ma la descrizione è pesantemente sbilanciata rendendola quasi una sociopatica con un amore viscerale per le armi e una non si sa per quale ragione fascinazione con i pirati.

    "Ladies don't dress like men and pick pockets," retorted Kell.Her smile only sharpened.

    Kell, invece in confronto è sbiadito e meno caratterizzato. In lui c’è una confusione di intenti e di desideri che lo rendono un personaggio inutile e con cui poco si empatizza.

    Le relazioni tra i personaggi in A Darker Shade of Magic

    Il nodo centrale, infatti è la mancanza di sentimento nelle relazioni descritte nel libro. E non parlo di storie romantiche, unico punto originale forse del romanzo è proprio quella di non avere come fulcro una relazione amorosa, nonostante sia evidente una costruzione in quel senso tra Kell e Lila per i prossimi romanzi.
    Ma proprio per questo, cioè l’evidente relazione che si viene a creare tra Kell e Lila appare inesistente, ma a fine libro ci suggerisce l’autrice che il rapporto è cresciuto e è nata una affezione tra i due. Ma è così? Io non l’ho percepito, anzi insieme i due personaggi non funzionano, dialoghi stantii con reminiscenze di fanfiction scadenti: a quanto pare una relazione affettiva si costruisce con varie minacce di morte? Ovviamente da parte femminile, che è accettabile e femminista.
    Anche la relazione di Kell con la sua famiglia è semplicemente raccontata dall'autrice con due frasi per quanto riguarda i genitori (il sentimento bivalente tra l’amore filiale e l’odio per essere uno strumento del regno) e un misero flashback e qualche battuta sagace per spiegarci l’amore fraterno dirompente con Rhy.

    Lo stile dell’autrice

    La scrittura dell’autrice è molto semplice e manieristica nel raccontare relazioni e descrivere personaggi. In alcuni passaggi però l’ho trovata valida e precisa nel descrivere l’ambientazione fantasy. In particolare ho apprezzato il passaggio in cui Lila arriva per la prima volta nella Londra rossa e la sua sensazione di straniamento iniziale è resa sorprendentemente bene dall'autrice.
    Un deciso no a tutti i dialoghi, da quelli “malvagi” dei gemelli reggenti nella Londra Bianca, “all’ humor” nei dialoghi tra i personaggi più giovani.
    Un esempio tra Rhy, Lila e Kell:
    “I apologize for anything I might have done. I was not myself.”“I apologize for shooting you in the leg,” said Lila. “I was myself entirely.”Rhy broke into his perfect smile. “I like this one,” he said to Kell. “Can I borrow her?”“You can try,” said Lila, raising a brow. “But you’ll be a prince without his fingers.”

    A costo di ripetermi sembrano usciti dalle peggiori Fanfiction americane.

    A Darker Shade of Magic: mi è piaciuto?

    Da come si evince non ho apprezzato questo romanzo, l’ho trovato eccessivamente noioso nella prima parte e irritante nella seconda. Tuttavia ho deciso di continuare nella lettura e non abbandonarlo per capire dove l’autrice volesse arrivare con la trama.
    Ovviamente, essendo il primo di una trilogia, ha lasciato aperte molte questioni che saranno sicuramente importanti nei prossimi volumi. Ma non saprò mai i prossimi sviluppi perché certamente non continuerò con la lettura di questa saga.



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    Con estremo ritardo eccomi a compilare i preferiti di questi due mesi passati.


    Febbraio è stato un mese divertente a cui ora guardo con nostalgia. Per me poi è sinonimo di Sanremo, di cui sono appassionata fin da piccola! In realtà era da molti anni che non seguivo il programma per intero, ma quest’anno mi ha letteralmente risucchiato con tanto di pagelle e voti! 

    Marzo, come tutti ben sappiamo, è stato letteralmente stravolto. La quarantena si è imposta nelle nostre vite, con il carico di ansia per la paura del contagio per me e soprattutto per le persone vicine. Ho avuto qualche giorno di assestamento in cui non ho fatto molto, per poi riprendere una routine il più possibile vicina alla normalità.


    Ma andiamo con ordine:




    Un libro di febbraio: La terra dei Gelsomini





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    Un post condiviso da Marta (@ilfermaglio) in data: 27 Feb 2020 alle ore 5:56 PST
    La terra dei gelsomini è un romanzo storico ambientato in Medio Oriente durante l’occupazione occidentale (inglese e francese) a seguito della dissoluzione dell’impero ottomano. Attraverso la vita quotidiana di cinque famiglie e personaggi storici realmente esistiti, l’autore racconta con chiarezza il danno perpetuato dall'Occidente in queste terre trasformate in un campo di battaglia permanente.
    Lo stile dell’autore è semplice e diretto, con bravura riesce a caratterizzare un numero elevato di personaggi alle prese con la vita quotidiana, ma coscienti della trasformazione in atto nelle loro terre. Accanto a parti romanzate, l’autore cita documenti e carteggi storici come la lettera di Churchill in cui dichiara «Non capisco perché fare tanto gli schizzinosi riguardo l’uso del gas. Sono fortemente a favore dell’impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate».
    Un libro avvincente e necessario per chi ha voglia di conoscere più dettagliatamente le radici del Medio Oriente contemporaneo e la vergognosa condotta dei paesi occidentali durante (e dopo) il colonialismo.

    Una serie di febbraio: High Fidelity



    High Fidelity è il nuovo adattamento del famosissimo libro omonimo di Nick Hornby Alta Fedeltà. Il romanzo era già stato adattato come film nel 2000 con John Cusack, ma ora in veste di serie tv ha come protagonista indiscussa Zoë Kravitz. Infatti la novità più clamorosa è il gender swapping: Rob è una proprietaria di un negozio di dischi alle prese con la fine di una relazione e passa la sua esistenza a compilare mentalmente (e con i suoi amici) varie liste. Lo show è contemporaneo, ma senza dimenticare la musica adorata dal Rob del romanzo.

    Musica di febbraio: Sanremo 2020

    Molte le canzoni che ho apprezzato in questa edizione, dal vincitore Diodato di cui ho amato profondamente due anni fa “Adesso”, per passare ad Andromeda di Elodie, a Tormento sia con Eden, ma anche con il duetto con la Rappresentante di Lista che mi ha fatto rivivere la mia adolescenza emo/dark in cui ascoltavo ossessivamente gli Evanescence! Mi ha divertito Achille Lauro, anche se sono sempre un po’ perplessa da quello che qualcuno (non io, o forse sì!) potrebbe definire queer baiting, ma spegnendo il cervello e cercando di non vedere dietrologie ho apprezzato molto l’esibizione e anche la canzone. Anche Levante che seguo assiduamente da anni, mi è piaciuta molto.



    Una serie di marzo: Made in Italy

    Una serie italiana ben fatta disponibile su Amazon Prime Video e originale nel soggetto: finalmente si parla di moda e in particolare di storia della moda. Essendo una delle eccellenze italiane la storia della moda dovrebbe essere conosciuta da tutti gli italiani e soprattutto non dovrebbe essere relegata a qualcosa di frivolo e poco importante. Per chi fosse interessato a saperne di più ho scritto su Telefilm-Central: 5 motivi pervedere la serie TV sulla moda italiana


    Un film di marzo: Ritratto della giovane in fiamme

    Con grandi aspettative ho finalmente visto questo film e devo ammettere che non mi ha deluso. Anzi!
    Un bellissimo film curato nei minimi dettagli nella regia, fotografia, costumi e recitazione. Con quattro attrici donne sole nella scena, Céline Sciamma ha costruito un quadro in movimento dedicato alla figura e alla bravura di Adèle Haenel. Un film delicato, ma allo stesso tempo potente: è insolito vedere un film in cui non ci sono uomini né davanti e né dietro lo schermo con una totale assenza del male gaze.

    Un articolo di marzo: The Difference Between Worry, Stress and Anxiety

    Interessante questo breve articolo del The New York Times in cui con parole semplici l’autore distingue e consiglia rimedi sulla preoccupazione, lo stress e l’ansia.


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    And Then We Danced è un film diretto da Levan Akin e ambientato in Georgia.
    Il regista, svedese con origini georgiane, ha spiegato di aver avuto l’idea per il film quando ha scoperto, leggendo su internet, del primo tentativo di Pride in Georgia. La comunità georgiana nel 2019 è riuscita per la prima volta nella storia a organizzare la parata nella capitale Tbilisi, che però si è conclusa dopo solo 30 minuti. 
    Ciò che ha colpito maggiormente Levin Akin è stata la contromanifestazione organizzata dall'estrema destra, numericamente molto superiore rispetto a i coraggiosi protagonisti del Pride.
    Questo avvenimento ha quindi spinto il regista a recarsi nel paese di origine dei suoi genitori e a sviluppare l’idea per il film.

    La storia di Merab


    Il film ha come protagonista Merab, un giovane ballerino del National Georgian Ensemble istituzione del ballo tradizionale georgiano.
    Merab è figlio e nipote di ballerini, nei racconti del padre scopre che se i genitori si sono esibiti nella Royal Albert Hall, la nonna è arrivata addirittura alla Scala di Milano. Ma è il fratello, scapestrato e incostante, che la famiglia crede più promettente, nonostante lo sforzo e il duro lavoro di Merab.
    La vita di Merab, quindi scorre in una routine massacrante tra le continue prove di ballo e il lavoro come cameriere al ristorante. Fino all'arrivo di un nuovo ballerino, considerato più bravo di lui dal maestro, ma che in realtà porterà Merab a conoscere sé stesso.

    Omofobia e danza


    La tematica dell’omofobia, ma più in generale di una società patriarcale è lampante nella figura del maestro e nella considerazione della danza tradizionale georgiana.
    Merab non è considerato all'altezza e gli viene preferito prima il fratello e poi Irakli, fondamentalmente perché è meno possente e virile in una concezione arcaica di questi aggettivi.
    Alla visione di un uomo virile e possente si deve poi contrapporre una donna pudica e virginale con una "candida verginità", come prontamente il maestro spiega a Mary, la compagna di ballo di Merab.
    Nonostante questo le scene di ballo durante il film sono bellissime e affascinanti, e permettono di far conoscere la danza georgiana. Ma non c'è solo il ballo tradizionale: magnetica è la scena di danza di Merab sulle note di Honey di Robyn, in cui attraverso il ballo seduce Irakli e lo informa della sua attrazione per lui.

    Una storia lgbt per un coming of age


    And Then We Danced rientra perfettamente nella definizione di coming of age.
    Merab è giovane e prima dell’arrivo di Irakli sembra non porsi domande sulla sua vita procedendo nei binari già prestabiliti. Uno dei punti di forza del film è senza dubbio il protagonista, solare e dolce, che si scopre innamorato, ma non rifugge il sentimento e nemmeno la sua identità. Merab impara a conoscere sé stesso e anche la comunità di cui fa parte, e infine dimostrerà, non solo a sé stesso, chi è.
    Levan Gelbakhiani, interprete di Merab, è perfetto nel ruolo, ottimo come attore e come ballerino.

    Un film importante


    L’importanza di questo film si percepisce durante la visione e poi se ne trova conferma successivamente dalle parole dei protagonisti. Un film solare, pieno di speranza e di arte, ma anche sensuale e coraggioso nel raccontare la storia di Merab diretto in un paese che se non nel piano formale, nella vita reale è ancora estremamente omofobo.
    Levan Gelbakhiani ha raccontato di aver rifiutato per ben cinque volte la parte prima di accettare, consapevole del rischio a cui lui e la sua famiglia potevano andare in contro. Il regista ha rivelato che girare il film non è stato semplice, erano spesso scortati da bodyguard e per scegliere le location del film non potevano apertamente rivelare la trama e le scene da girare.
    Il film nel circuito internazionale ha guadagnato un importante favore della critica, la prima è stata proiettata a Cannes nella selezione parallela (La Quinzaine des Réalisateurs) accolta con 15 minuti di applausi ed è stato anche scelto dalla Svezia come film per gli Oscar 2019, ma non è poi stato nominato.
    Diverso, purtroppo l’accoglienza in Georgia da parte dei gruppi di estrema destra che hanno tentato di far cancellare la proiezione del film nei cinema di Tiblisi e Batumi. Con un dispiegamento di forze messe in campo dal governo e nonostante tafferugli le proiezioni sono state poi tenute come previsto.

    And Then We Danced è un film originale e necessario, con una regia splendida e con ottimi interpreti, uno scorcio su un paese poco conosciuto, ma affascinante nelle sue tradizioni nonostante gli evidenti passi avanti ancora da intraprendere come società civile.





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    Il primo mese del 2020 è stato molto proficuo per le letture. Il bilancio è più che positivo, sia per le ottime letture sia per essere riuscita a leggere i libri acquistati lo scorso anno.
    Quest'anno mi sono imposta pochi obiettivi, ma decisivi. Il primo (e il più importante) è quello di smaltire i libri acquistati negli anni passati e non ancora letti. Infatti molto spesso attratta da sconti o libri usati ho riempito inesorabilmente lo scaffale dei libri da leggere. Sono ormai anni che ho sempre una trentina di libri in attesa e ho realizzato lo scorso anno che questo mi porta a non avere la mente leggera quando entro in libreria e sono restia ad acquistare qualche nuovo ( o vecchio) libro che mi colpisce sul momento.
    L'altro obiettivo del 2020 è quello di leggere molto più la no fiction, perché reputo che sia estremamente necessaria per informarsi in maniera più completa rispetto ad una rivista o al telegiornale e anche perché ultimamente mi sono sentita satura di storie romanzate.


    Gli occhiali d'oro 

    ⭐⭐⭐⭐⭐, dopo anni dal colpo di fulmine con "Il giardino dei Finzi Contini" ho ripreso in mano Bassani e non ha deluso. Poche pagine per una storia intensa e un personaggio indimenticabile.

    Attraverso il racconto del narratore, un ragazzo ventenne, conosciamo il dottor Fadigati. Trasferitosi a Ferrara, il dottore era stato da subito ben voluto e apprezzato dalla borghesia cittadina. Anche la sua presunta omosessualità, nonostante fosse una voce insistente nella città di Ferrara, non era motivo di esclusione sociale perché tenuta nel più grande riserbo dal dottore. Finché Fadigati non scandalizza la città intera con una relazione pubblica con un compagno di università del narratore.

    Accanto a questi avvenimenti, c’è la Storia dell’Italia con l’avvicinarsi del Duce a Hitler tradotto in un inasprimento dell’opinione pubblica verso gli italiani di origini ebraiche. Il giovane narratore si sente sempre più isolato e diverso dagli altri suoi conoscenti, e non sposa la convinzione del padre e del suo amico sull'impossibilità dell’arrivo delle leggi razziali in Italia.

    C’è quindi una sorta di comunione tra Fadigati, omosessuale emarginato, e il narratore ma è il dottore depresso a ricordare come la loro sia una situazione opposta: 


    “Caro Amico, se essere quello che è la rende tanto più umano (non si troverebbe qui in mia compagnia, altrimenti!), perché rifiuta, perché si ribella? Il mio caso è diverso, l’opposto esatto del suo. Dopo ciò che è accaduto l’estate scorsa non mi riesce più di tollerarmi.”

    Un romanzo breve che fa riflettere sull'animo umano e appare tristemente attuale in alcune descrizioni e opinioni sul panorama politico fascista.




    Sapiens. Da animali a dèi 


    ⭐⭐⭐ il mio saggio del mese. Divorato nella prima parte per poi faticare un po' nella parte centrale, è comunque un libro interessante e molto scorrevole.


    "Sei milioni di anni fa, un'unica scimmia femmina ebbe due figlie. Una fu la progenitrice di tutti gli scimpanzé, l'altra la nostra" con questa frase inizia il viaggio nella storia alla scoperta dell'homo sapiens. "


    Harari, attraverso una prosa chiara infarcita di esempi semplici e concetti spesso reiterati, racconta le origini e la storia della nostra specie. 
    Fa riflettere quando ci ricorda che il sapiens è l'unica specie di essere umano attualmente esistente, ma non è sempre stato così.


    Giudica insistendo sulla pericolosità dell'essere umano e ne sottolinea la crudeltà rivolta ai suoi simili e alle altre specie animali.
    Molto spesso sfata anche dei miti e delle certezze, come il fatto che la vita da cacciatore/raccoglitore non fosse più dura della vita da agricoltore, anzi era più libera e più sana!
    Offre una visione storica su eventi, che presi da una distanza oggettiva non sembrano, a suo dire, così catastrofici ( ad esempio giudica il ritiro britannico dall'India come un esempio di pace e ordine).

    Quello che emerge è quindi un saggio estremamente divulgativo, chiaro e semplice adatto a qualsiasi tipo di lettore anche (e soprattutto) a digiuno di storia.
    Allo stesso tempo è anche evidente il punto di vista e il pensiero di Harari su molti aspetti della nostra vita contemporanea, rendendo questo saggio molto personale.


    Company Parade 

    ⭐⭐ avevo grandi aspettative che sono state disattese. Qualcosa mi è piaciuto, molto altro no.
    Purtroppo il primo libro dell'anno è stato una delusione.

    Ho acquistato convinta trattasse del mondo editoriale e pubblicitario negli anni 20 del 900' e della lotta della protagonista in questo mondo maschile.
    Ma tutto ciò è molto accennato, mentre l'autrice si concentra molto sul matrimonio della protagonista e su vari altri personaggi.
    Non mi aspettavo infatti un romanzo corale in cui sono presenti vari narratori.

    Ho trovato questo libro freddo e confusionario nella trama. Nella prefazione, l'autrice stessa ammette le debolezze del romanzo essendo il primo di una saga in cui ha deciso di delineare i personaggi principali.

    L'unica nota positiva è l'enorme lavoro di caratterizzazione di Hervey, un personaggio femminile complesso ed estremamente sfaccettato.

    L'architettrice 


    ⭐⭐⭐⭐ splendido e coinvolgente romanzo storico che mi ha permesso di conoscere un'artista dimenticata.


    L'architettrice di Melania Mazzucco è un romanzo storico che ha il grande valore di far conoscere questa straordinaria figura femminile per troppo tempo dimenticata. Plautilla Bricci (o Briccia), pittrice, ma soprattutto prima architetta della storia moderna.

    Con una grandissima cura dei dettagli, avvenimenti, curiosità storiche e personaggi realmente esistiti, questo libro può essere considerato una commistione di saggio storico e romanzo. Infatti con le poche informazioni ritrovate dall'autrice, sulla vita e le opere di Plautilla, ha tessuto una trama romanzata dell'artista dimenticata.

    Plautilla è la figlia di Giovanni Briccio: pittore, drammaturgo, scrittore, un “genio” dell’epoca, apprezzato e riconosciuto dai suoi contemporanei, ma costantemente povero. Lui, la forma e la educa quasi plasmandola a sua immagine e somiglianza, donandole la possibilità di avere una carriera come pittrice. Ho amato molto la relazione tra padre e figlia, e il personaggio del Briccio visto attraverso gli occhi della figlia è una figura carismatica e complessa.

    L’altro uomo della vita di Plautilla, senza dimenticare l’amato fratello, sarà però Elpidio Benedetti, abate fedelissimo di Mazzarino. Insieme riusciranno ad emergere in una Roma ricca di intrighi e macchinazioni e il loro rapporto si trasformerà molte volte durante la loro vita.
    Probabilmente questo rapporto è l’aspetto che ho apprezzato meno del libro, nonostante io ami alla follia le storie impossibili e gli amori celati al mondo.

    Ho trovato interessante anche gli intermezzi tra le varie parti del romanzo, dedicate alla semi distruzione dell’opera architettonica di Plautilla “Il Vascello” durante l’assedio di Roma nel 1849.

     Un libro che mi ha arricchita regalandomi molte informazioni che prima non conoscevo, ma soprattutto facendomi conoscere le opere di un’artista ingiustamente dimenticata. 

    I fratelli Michelangelo 


    ⭐⭐⭐⭐ colpita dalla trama mi ha spiazzato per lo stile di scrittura.

    I fratelli Michelangelo è un romanzo che ne racchiude cinque diversi.

    La trama è semplice e accattivante: Antonio Michelangelo, artista famoso e ingegnere, invia ai suoi figli una lettera in cui chiede di presentarsi in un dato giorno nella sua tenuta in Toscana. Antonio Michelangelo è padre di cinque figli, ma ne ha allevati e cresciuti solo due. Il più piccolo addirittura scopre di essere suo figlio proprio con l’arrivo della lettera.

    Il romanzo è strutturato con capitoli ambientati nel presente, in cui si narra il viaggio e l’arrivo dei quattro figli (la più grande non si presenterà, ma sarà presente nelle back story di due fratelli) al paese e capitoli in cui vengono svelate le storie della vita di ogni figlio. Enrico, insegnate di giorno e aspirante scrittore con una fissazione per le donne; Louis, in cerca di fortuna e successo in Oriente; Cristina, un’artista emergente schiacciata dall'incertezza e dalla voglia di emergere e Rudra, enigmatico e disinteressato al mondo.

    Ricco di dialoghi e monologhi (anche pagine e pagine) e pochissime descrizioni con un uso notevolissimo della lingua e dei vari piani temporali. In particolare mi ha incredibilmente soddisfatto il racconto/monologo di Cristina che dischiude la sua vita non in maniera cronologia, ma andando avanti e in dietro nel tempo così che solo alla fine si ha il quadro completo.

    Nonostante la mia personale confusione iniziale e una leggera fatica finale, l’ho trovato un romanzo interessante e coinvolgente. Ho particolarmente apprezzato anche il finale intelligente e l’intenzionale mancanza di risoluzione di alcuni piccoli misteri della trama.


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    Gennaio è stato un mese ricco: ho visto ben sei film, ho letto cinque libri e seguito sette serie TV.  
    Citando un meme di tumbrl (si, ancora lo frequento):
    me consuming fictional work after fictional work to distract myself from the fact that i exist: i can have a little escapism. as a treat.


    Il libro del mese è “Gli occhiali doro” di Bassani




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    Un post condiviso da Marta (@ilfermaglio) in data: 21 Gen 2020 alle ore 5:44 PST

    Anni fa mi aveva letteralmente rapito con “Il giardino dei finzi contini” e quest’anno ho deciso finalmente di recuperare altri sui libri. Già dai primi due capitoli (40 pagine) con l’introduzione del personaggio principale si nota la maestria e l’efficacia dell’uso di ogni singola parola.

    Attraverso il racconto del narratore, un ragazzo ventenne, conosciamo il dottor Fadigati. Trasferitosi a Ferrara, il dottore era stato da subito ben voluto e apprezzato dalla borghesia cittadina. Anche la sua presunta omosessualità, nonostante fosse una voce insistente nella città di Ferrara, non era motivo di esclusione sociale perché tenuta nel più grande riserbo dal dottore. Finché Fadigati non scandalizza la città intera con una relazione pubblica con un compagno di università del narratore. Accanto a questi avvenimenti, c’è la Storia dell’Italia con l’avvicinarsi del Duce a Hitler tradotto in un inasprimento dell’opinione pubblica verso gli italiani di origini ebraiche. Il giovane narratore si sente sempre più isolato e diverso dagli altri suoi conoscenti, e non sposa la convinzione del padre e del suo amico sull'impossibilità dell’arrivo delle leggi razziali in Italia. C’è quindi una sorta di comunione tra Fadigati, omosessuale emarginato, e il narratore ma è il dottore depresso a ricordare come la loro sia una situazione opposta: “Caro Amico, se essere quello che è la rende tanto più umano (non si troverebbe qui in mia compagnia, altrimenti!), perché rifiuta, perché si ribella? Il mio caso è diverso, l’opposto esatto del suo. Dopo ciò che è accaduto l’estate scorsa non mi riesce più di tollerarmi.”
    Un romanzo breve che fa riflettere sull'animo umano e appare tristemente attuale in alcune descrizioni e opinioni sul panorama politico fascista.

    La serie Tv del mese è: “Sex Education”


    La seconda stagione di Sex Education ha confermato le mie opinioni su questa serie. Divertente, curata nel minimo dettaglio, fresca, ben recitata: un prodotto riuscitissimo e coinvolgente. Ho divorato gli 8 episodi in due giorni perché dovevo assolutamente sapere come si sarebbe risolta la relazione tra Eric e Adam! Oltre a loro ho amato la storyline di Jackson e la sua nuova amica Viv. Ho apprezzato di meno Maeve un po’ troppo distanziata dagli altri personaggi e soprattutto ho odiato gli ultimi istanti dell’ultima puntata! Ma questi sono tutti appunti dopo aver digerito ampliamene la stagione, in realtà l’unica cosa che vorrei è poter vedere subito la terza stagione!

    Il film del mese è: “Knock down the house”


    Avevo in programma di vedere questo documentario da molto tempo, ma ho sempre rimandato fin al giorno della befana in cui ho finalmente spinto play. Che dire? Mi ha avvinto, mi ha commosso, mi ha elettrizzato e mi ha anche provocato invidia.
    "Knock down the house" racconta la corsa nelle primarie democratiche in vista delle elezioni di metà mandato degli U.S.A. di quattro donne contro dei pilastri del partito democratico. La volontà e la passione di persone comuni che hanno vissuto sulla loro pelle le politiche ingiuste e l’immobilismo del partito democratico. La star del documentario è Alexandria Ocasio-Cortez che nella circoscrizione del Bronx e Queens sfida Crowley, pezzo grosso del partito democratico e soprattutto mai sfidato per 18 anni! Lei è la stella nascente della sinistra statunitense ed è interessante vederla agli albori della sua carriera politica. Ma quello che mi ha profondamente commosso è la storia di Amy Vilela: la figlia è morta perché non curata correttamente a seguito di problemi legati all'assicurazione sanitaria.
    Un ottimo documentario per comprendere le criticità del sistema statunitense, ma anche per invidiare la forza con cui queste donne lottano contro un sistema che le vuole tenere fuori.

    L’articolo del mese è: 27 Great Movies Completely Rejected by the Oscars in 2020

    Dicembre e gennaio sono i mesi così detti “Awards Season” cioè per gli appassionati di cinema un incessante flusso di nomination dai vari premi del settore. Ovviamente tra i vari film considerati ci saranno sempre dei film bistrattati. Questo articolo di Indiewire ha cercato di ristabilire una giustizia per i film (prevalentemente indie) scartati a gli Oscar 2020. Ci sono molti dei miei film preferiti dell’anno, la maggior parte visti alla Festa del Cinema di Roma, che meritavano sicuramente delle nomination come: The Farewell, Honey Boy, Waves, Hustlers e altri che devo ancora recuperare come Portrait of a Lady on Fire, Midsommar, Her Smell.

    La canzone del mese è: Mancarsi dei Coma cose

    Ok, qui devo ringraziare (mio malgrado) l’algoritmo di Youtube che mi ha consigliato il video I Coma Cose cantano "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi” nonostante l’esibizione non sia il massimo della tecnica, mi hanno incuriosito e li ho ascoltati incessantemente per le settimane seguenti!





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