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il fermaglio

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    Con estremo ritardo eccomi a compilare i preferiti di questi due mesi passati.


    Febbraio è stato un mese divertente a cui ora guardo con nostalgia. Per me poi è sinonimo di Sanremo, di cui sono appassionata fin da piccola! In realtà era da molti anni che non seguivo il programma per intero, ma quest’anno mi ha letteralmente risucchiato con tanto di pagelle e voti! 

    Marzo, come tutti ben sappiamo, è stato letteralmente stravolto. La quarantena si è imposta nelle nostre vite, con il carico di ansia per la paura del contagio per me e soprattutto per le persone vicine. Ho avuto qualche giorno di assestamento in cui non ho fatto molto, per poi riprendere una routine il più possibile vicina alla normalità.


    Ma andiamo con ordine:




    Un libro di febbraio: La terra dei Gelsomini





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    Un post condiviso da Marta (@ilfermaglio) in data: 27 Feb 2020 alle ore 5:56 PST
    La terra dei gelsomini è un romanzo storico ambientato in Medio Oriente durante l’occupazione occidentale (inglese e francese) a seguito della dissoluzione dell’impero ottomano. Attraverso la vita quotidiana di cinque famiglie e personaggi storici realmente esistiti, l’autore racconta con chiarezza il danno perpetuato dall'Occidente in queste terre trasformate in un campo di battaglia permanente.
    Lo stile dell’autore è semplice e diretto, con bravura riesce a caratterizzare un numero elevato di personaggi alle prese con la vita quotidiana, ma coscienti della trasformazione in atto nelle loro terre. Accanto a parti romanzate, l’autore cita documenti e carteggi storici come la lettera di Churchill in cui dichiara «Non capisco perché fare tanto gli schizzinosi riguardo l’uso del gas. Sono fortemente a favore dell’impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate».
    Un libro avvincente e necessario per chi ha voglia di conoscere più dettagliatamente le radici del Medio Oriente contemporaneo e la vergognosa condotta dei paesi occidentali durante (e dopo) il colonialismo.

    Una serie di febbraio: High Fidelity



    High Fidelity è il nuovo adattamento del famosissimo libro omonimo di Nick Hornby Alta Fedeltà. Il romanzo era già stato adattato come film nel 2000 con John Cusack, ma ora in veste di serie tv ha come protagonista indiscussa Zoë Kravitz. Infatti la novità più clamorosa è il gender swapping: Rob è una proprietaria di un negozio di dischi alle prese con la fine di una relazione e passa la sua esistenza a compilare mentalmente (e con i suoi amici) varie liste. Lo show è contemporaneo, ma senza dimenticare la musica adorata dal Rob del romanzo.

    Musica di febbraio: Sanremo 2020

    Molte le canzoni che ho apprezzato in questa edizione, dal vincitore Diodato di cui ho amato profondamente due anni fa “Adesso”, per passare ad Andromeda di Elodie, a Tormento sia con Eden, ma anche con il duetto con la Rappresentante di Lista che mi ha fatto rivivere la mia adolescenza emo/dark in cui ascoltavo ossessivamente gli Evanescence! Mi ha divertito Achille Lauro, anche se sono sempre un po’ perplessa da quello che qualcuno (non io, o forse sì!) potrebbe definire queer baiting, ma spegnendo il cervello e cercando di non vedere dietrologie ho apprezzato molto l’esibizione e anche la canzone. Anche Levante che seguo assiduamente da anni, mi è piaciuta molto.



    Una serie di marzo: Made in Italy

    Una serie italiana ben fatta disponibile su Amazon Prime Video e originale nel soggetto: finalmente si parla di moda e in particolare di storia della moda. Essendo una delle eccellenze italiane la storia della moda dovrebbe essere conosciuta da tutti gli italiani e soprattutto non dovrebbe essere relegata a qualcosa di frivolo e poco importante. Per chi fosse interessato a saperne di più ho scritto su Telefilm-Central: 5 motivi pervedere la serie TV sulla moda italiana


    Un film di marzo: Ritratto della giovane in fiamme

    Con grandi aspettative ho finalmente visto questo film e devo ammettere che non mi ha deluso. Anzi!
    Un bellissimo film curato nei minimi dettagli nella regia, fotografia, costumi e recitazione. Con quattro attrici donne sole nella scena, Céline Sciamma ha costruito un quadro in movimento dedicato alla figura e alla bravura di Adèle Haenel. Un film delicato, ma allo stesso tempo potente: è insolito vedere un film in cui non ci sono uomini né davanti e né dietro lo schermo con una totale assenza del male gaze.

    Un articolo di marzo: The Difference Between Worry, Stress and Anxiety

    Interessante questo breve articolo del The New York Times in cui con parole semplici l’autore distingue e consiglia rimedi sulla preoccupazione, lo stress e l’ansia.


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    And Then We Danced è un film diretto da Levan Akin e ambientato in Georgia.
    Il regista, svedese con origini georgiane, ha spiegato di aver avuto l’idea per il film quando ha scoperto, leggendo su internet, del primo tentativo di Pride in Georgia. La comunità georgiana nel 2019 è riuscita per la prima volta nella storia a organizzare la parata nella capitale Tbilisi, che però si è conclusa dopo solo 30 minuti. 
    Ciò che ha colpito maggiormente Levin Akin è stata la contromanifestazione organizzata dall'estrema destra, numericamente molto superiore rispetto a i coraggiosi protagonisti del Pride.
    Questo avvenimento ha quindi spinto il regista a recarsi nel paese di origine dei suoi genitori e a sviluppare l’idea per il film.

    La storia di Merab


    Il film ha come protagonista Merab, un giovane ballerino del National Georgian Ensemble istituzione del ballo tradizionale georgiano.
    Merab è figlio e nipote di ballerini, nei racconti del padre scopre che se i genitori si sono esibiti nella Royal Albert Hall, la nonna è arrivata addirittura alla Scala di Milano. Ma è il fratello, scapestrato e incostante, che la famiglia crede più promettente, nonostante lo sforzo e il duro lavoro di Merab.
    La vita di Merab, quindi scorre in una routine massacrante tra le continue prove di ballo e il lavoro come cameriere al ristorante. Fino all'arrivo di un nuovo ballerino, considerato più bravo di lui dal maestro, ma che in realtà porterà Merab a conoscere sé stesso.

    Omofobia e danza


    La tematica dell’omofobia, ma più in generale di una società patriarcale è lampante nella figura del maestro e nella considerazione della danza tradizionale georgiana.
    Merab non è considerato all'altezza e gli viene preferito prima il fratello e poi Irakli, fondamentalmente perché è meno possente e virile in una concezione arcaica di questi aggettivi.
    Alla visione di un uomo virile e possente si deve poi contrapporre una donna pudica e virginale con una "candida verginità", come prontamente il maestro spiega a Mary, la compagna di ballo di Merab.
    Nonostante questo le scene di ballo durante il film sono bellissime e affascinanti, e permettono di far conoscere la danza georgiana. Ma non c'è solo il ballo tradizionale: magnetica è la scena di danza di Merab sulle note di Honey di Robyn, in cui attraverso il ballo seduce Irakli e lo informa della sua attrazione per lui.

    Una storia lgbt per un coming of age


    And Then We Danced rientra perfettamente nella definizione di coming of age.
    Merab è giovane e prima dell’arrivo di Irakli sembra non porsi domande sulla sua vita procedendo nei binari già prestabiliti. Uno dei punti di forza del film è senza dubbio il protagonista, solare e dolce, che si scopre innamorato, ma non rifugge il sentimento e nemmeno la sua identità. Merab impara a conoscere sé stesso e anche la comunità di cui fa parte, e infine dimostrerà, non solo a sé stesso, chi è.
    Levan Gelbakhiani, interprete di Merab, è perfetto nel ruolo, ottimo come attore e come ballerino.

    Un film importante


    L’importanza di questo film si percepisce durante la visione e poi se ne trova conferma successivamente dalle parole dei protagonisti. Un film solare, pieno di speranza e di arte, ma anche sensuale e coraggioso nel raccontare la storia di Merab diretto in un paese che se non nel piano formale, nella vita reale è ancora estremamente omofobo.
    Levan Gelbakhiani ha raccontato di aver rifiutato per ben cinque volte la parte prima di accettare, consapevole del rischio a cui lui e la sua famiglia potevano andare in contro. Il regista ha rivelato che girare il film non è stato semplice, erano spesso scortati da bodyguard e per scegliere le location del film non potevano apertamente rivelare la trama e le scene da girare.
    Il film nel circuito internazionale ha guadagnato un importante favore della critica, la prima è stata proiettata a Cannes nella selezione parallela (La Quinzaine des Réalisateurs) accolta con 15 minuti di applausi ed è stato anche scelto dalla Svezia come film per gli Oscar 2019, ma non è poi stato nominato.
    Diverso, purtroppo l’accoglienza in Georgia da parte dei gruppi di estrema destra che hanno tentato di far cancellare la proiezione del film nei cinema di Tiblisi e Batumi. Con un dispiegamento di forze messe in campo dal governo e nonostante tafferugli le proiezioni sono state poi tenute come previsto.

    And Then We Danced è un film originale e necessario, con una regia splendida e con ottimi interpreti, uno scorcio su un paese poco conosciuto, ma affascinante nelle sue tradizioni nonostante gli evidenti passi avanti ancora da intraprendere come società civile.





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